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Film della settimana - 6-7 novembre


Un amore di gioventù 
di
 Mia Hansen-Løve



La quindicenne Camille e il diciannovenne Sullivan sono molto innamorati, ma dopo un felice periodo insieme lui parte per il Sudamerica. Camille è disperata e, quando lui cessa di scriverle tenta il suicidio. Anni dopo, Camille è una brillante studentessa di architettura e conosce Lorenz, un architetto con cui in seguito collabora professionalmente e con cui instaura un solido rapporto sentimentale. Tuttavia, il destino ha in serbo per la ragazza un nuovo incontro con Sullivan e i sentimenti che sembravano sopiti non tardano a riemergere.



Un amore di gioventù è il terzo e bellissimo film della giovane regista, ex attrice, Mia Hansen-Løve, già autrice di Tout est pardonnée (che anni fa partecipò in concorso all’Alba Film Festival) e Il padre dei miei figli, commovente storia vera di un produttore cinematografico suicida. Compagna, e prima ancora allieva, del regista francese Olivier Assayas, la Hansen-Løve è a tutti gli effetti, vista anche la giovane età (classe 1981) uno dei nomi sicuri su cui puntare per sapere come sarà il cinema del futuro.

Il suo cinema è etereo e insieme corporeo, vicino per ispirazione e stile a tre generazioni di cinema francese, ai sentimenti fragili di Eric Rohmer, alla fisicità dirompente dei personaggi di Andre Techiné, alla foga vitalistica e appassionata del migliore dello stesso Assayas. Nonostante un discorso ancora acerbo, spesso eccessivamente a caccia di un lirismo astratto e impressionista, di film in film Mia Hansen-Løve ha delineato un percorso emotivo sui grandi momenti di passaggio della vita e sull’incontro con la sofferenza.

I suoi tre film, con la morte per overdose di un padre dannato in Tout est pardonée e il suicidio di un padre amorevole in Il padre dei miei figli, parlano a loro modo di famiglia, di ricordi, di amore, di assenza, di passione, di bellezza che sboccia e a fatica resiste. In Un amore di gioventù per la prima volta non c’è la morte, anche se l’amore intenso e impossibile che racconta è anch’esso una forma di lutto: ma è la vita, questa volta (e a guardar bene anche nelle opere precedenti) a emergere, a pulsare, a scorrere sui corpi dei personaggi e a illuminare il film.

Ispirata da una magnifica frase di Proust («Là dove la vita alza un muro, l’intelligenza apre una breccia») e con una nonna che le scrive di Kierkegaard («La vita non può essere compresa che tornando indietro, ma deve essere vissuta andando avanti»), Mia Hansen-Løve ha il coraggio di usare una storia nota per raccontare la fenomenologia di un amore giovanile. La sua è una love story raffinata e precisa negli sviluppi psicologici, che non si abbandona mai al facile erotismo né alla retorica degli affetti eterni. Merito del modo di filmare attento e preciso, così poeticamente francese, della regista, la sua attenzione per il movimento degli attori (bravissima la nemmeno ventenne Lola Creton), per il loro rapporto con lo spazio e il tempo che passa.

Non è un caso che una volta guarita dal suo amore tradito, la protagonista diventi un’architetta, per provare a ricostruire il mondo crollatole addosso, e provare a starci dentro, a viverlo. E merito, anche, di una scelta musicale intelligente e toccante: in Un amore di gioventù, infatti, in questo fragile e dolce racconto di giovinezza, di un amore che nasce finisce e non si lava più, Mia Hansen-Løwe, per sottolineare la struggente solitudine della sua protagonista, innamorata di un amore troppo giovane per durare, un amore che le resterà attaccato per sempre, come acqua che scorre ma non asciuga, usa in due momenti una canzone dell’inglese Johnny Flynn, The Water.

Dolce e fragile, il pezzo (che si ascolta due volte, a metà e alla fine) fa emergere l’esperienza emotiva della protagonista, il suo corpo fresco eppure consumato dalla tristezza, il dolce abbandono di un’esistenza segnata: se alla prima occasione The Water, con i suoi arpeggi di chitarra e le voci calde di Flynn e di Laura Marling, cerca di sostenere il cuore della ragazza accompagnando la relazione più matura in cui ha trovato rifugio, nella seconda, durante la scena finale e sui titoli di coda, una volta che il grande amore è per davvero perduto, ciò che resta sono un corso d’acqua e una figura che si lascia trascinare dalla corrente. Perché l’acqua «sostiene senza nemmeno provarci» (come dice la canzone inglese), l’acqua è come l’amore, naturale e indispensabile. Niente lacrime, niente primi piani, niente elegie o sospiri. Solo un corpo, il suo dolore, la sua ricchezza, e la musica che chiude il film senza insistere o eccedere, dicendo con il suo linguaggio dei sensi ciò che tutti sanno e tutti hanno già visto.

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