Sinossi
Strano esempio di film di fantascienza senza fantascienza, come un Blade Runner girato da James Ivory, o un Philip K. Dick virato in un melodramma in costume, Non lasciarmi, tratto dal romanzo omonimo di Kazuo Ishiguro, scrittore giapponese naturalizzato britannico già autore in passato di Quel che resta del giorno, si ispira al classico espediente della realtà alternativa e arriva a formalizzare una scrittura intimista, quasi una storia d’amore e d’amicizia sotto l’ombrello cupo di un’utopia negativa.
È straniamento ciò che si prova sopra ogni cosa di fronte al film: le ambientazioni sono quelle del classico dramma all’inglese, tra collegi, cottage, campagne verdeggianti e regole della buona società che si scontrano con quelle della modernità. Sotto la superficie elegante giace però la fantascienza, tra ingegneria genetica, presunta umanità dei replicanti e riflessioni sul libero arbitrio.
Fedele al romanzo, per quanto asciugato di molte conversazioni e divagazioni, il film restituisce l’inquietante fascino di un ambiente rarefatto intriso di misteri. E soprattutto diventa un racconta fragile della giovinezza, con i tre protagonisti, replicanti destinati a morire per donare i propri organi agli essere umani ammalati, che vivono con straziante sincerità la loro condizione di vittime sacrificali. Insieme ai protagonisti, il pubblico, investito da una malinconia crescente, scopre a poco a poco il loro placido inferno.
Certo, a prima vista i bambini sono bellissimi e gli adolescenti saranno cool, il coro impeccabile e le acconciature anni ’70 alla moda, la preside Charlotte Rampling, dritta e severa nel suo tailleur di tweed, emana autorità e insieme fiducia: ma il tono è disarmato fin da subito, non c’è speranza o gioia, e quando una maestra coraggiosa spiega agli increduli allievi di Hailsham che cosa faranno da grandi si comprende la dolce malinconia che pervade il racconto. Il pubblico vive così lo stesso dubbio che segna le vite dei giovani e bellissimi replicanti, i “lavori in pelle”; come li chiama l’ispettore di Blade Runner: accettare tristemente il destino o sottrarsi alla spaventosa vivisezione che li aspetta, in nome dell’amore che comincia a sbocciare tra loro.
Glaciale ma al tempo stesso carico di emozioni, come fuoco che cova sotto la cenere, Non lasciarmi è un melodramma anomalo che lascia allo spettatore il tempo per immergersi con commozione nell’orrore di un mondo che appare meno lontano di quello che sembra. Lungo tutta la sua durata è pervaso da una sola domanda: perché i tre replicanti non si ribellano? A questa domanda non c’è risposta, e qui risiede la forza misteriosa di questa storia: l’accettazione del sé e del presente, qualunque questo sia, l’incapacità di immaginare un altro futuro, l’impossibilità di ribellarsi.
Questa lettura politica è seconda a quella filosofica (che risponde alle domande di cui sopra), ma non meno potente, oggi e ora. E nel finale la riflessione si estende a una dimensione più ampia e universale: di fronte alla certezza della morte non sono forse uguali tutti gli esseri umani che, giunti alla fine del proprio percorso terreno, sono assaliti dall’angoscia di non aver avuto abbastanza tempo?
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