di Stephen Frears
Sinossi
In un paese della campagna inglese, la tranquillità di una locanda per scrittori, gestita dal giallista donnaiolo Nicholas Hardiment con la moglie cinquantenne Beth e popolata da una bizzarra schiera di artisti, viene sconvolta dall’arrivo della giovane Tamara Drewe, tornata per vendere la casa della madre. Un tempo timida e bruttina, Tamara è ora una bellissima giornalista londinese, naturalmente bramata da tutti gli uomini del luogo, compreso un attore in vacanza e un vecchio amore di gioventù.
Non solo i fumetti americani, quelli solitamente targati Marvel, diventano film in questa era di operazioni commerciali sicure e continui remake o trasposizioni di opere già esistenti. Anche le graphic novel, vale a dire le storie a fumetti costruite come romanzi e pensate per un pubblico adulto e colto, possono dare vita a una versione cinematografica. Se poi, come in questo caso, l’omonima opera a fumetti Tamara Drewe di Rosy Simmonds è addirittura ispirata liberamente a un classico della letteratura inglese come Via dalla pazza folla di Thomas Hardy, tanto meglio. Tanto meglio, soprattutto, perché il regista del film, Stephen Frears, come già Mike Leigh uno dei grandi autori del cinema inglese ancora in attività, di rapporti con la grande letteratura se ne intende, avendo in passato firmato la regia del capolavoro Le relazioni pericolose, dal romanzo epistolare di Choderlos de Laclos, e più recentemente quella di Cheri da Colette.
Un bel salto, dunque. E un cambio di registro notevole, essendo Tamara Drewe una commedia solare e colorata, leggera e solo a tratti attraversata dall’ombra oscura dell’infelicità umana. Perché il film, in fondo, è una fiaba, e come tutte le fiabe è un po’ soave e un po’ scura, parla di amore e felicità ma pure di morte, si ambientata in un “castello”, in questo un molto più prosaico ostello per scrittori in crisi, ed è imperniata su storie di corna multiple che esplodono quando nel paesino torna Tamara, la rampolla di una famiglia che è emigrata a Londra, si è rifatta il naso ed è diventata bellissima.
Naturalmente, come in tutte le storie classiche che si rispettino, la presenza imprevista della donna scatena amori, tradimenti, sotterfugi, colpi di scena e di conseguenza risate. E se il romanzo grafico della sessantenne Simmonds è irresistibile, il film nella sua semplicità britannica è sorprendente per ironia e bravura degli attori, e pure per un sottile sottotesto facilmente individuabile. Bella, attraente, ammagliante in un modo che è impossibile resisterle, Tamara non è un’eroina perfetta e impassibile: la sua presenza non si limita a cambiare la vita degli altri, ma trova anche il modo di sporcare la propria, infilandosi in una relazione adulterina e chiudendo la porta fino all’ultimo all’amore della vita.
Trasformatasi da ragazza bruttina a bomba sexy, Tamara ha mutato solo il suo aspetto, la sua visibilità – in fondo siamo nell’era del visibile, nella società dello spettacolo – ma non riesce a cambiare (peggiorare, migliorare?) il mondo, in questo caso la vita immobile di un sonnolento villaggio di campagna, con le trame di sempre, adulteri, divorzi, sogni infranti, presunzioni spente, e sesso e pettegolezzi, il tutto modernizzato (peggiorato, migliorato?) da cellulari e computer.
Di conseguenza, Tamara Drewe non è solamente una commedia graziosa e un simpatico esercizio di stile del suo regista, ma un gustoso gioco tra finzione e realtà sulla provincia e la percezione sociale della bellezza. Il viso angelico e malizioso di Gemma Arterton è il veicolo di una dark comedy che sembra ispirata ai film di Hitchcock del periodo inglese, tra ironia e understament. Un buon mix, tra fumetto, letteratura ottocentesca e thrilling, a cui Frears regala il suo tocco: laddove chiunque avrebbe potuto rovinare un fragile equilibrio, lui ha saputo dosare gli ingredienti di una storiella appetitosa.
Divertente e cinico, campagnolo e raffinato, nero e frustrato dentro ma caldo e assolato nel paesaggio, antico e moderno, tutto un ossimoro, il film di Frears si gode per il sapore piccante, la satira precisa degli ambienti, la diversità dei toni, come una sorta di Oscar Wilde con le galline, il perfido patetismo che guarda alla società letteraria. Essendo evidentemente la matrice letteraria, è pieno zeppo di probabilità e imprevisti, di cose, di libri, di ripicche, rimorsi, di persone e animali, tante mucche (nella scena più a fumetto) e un cane che diventa il baricentro di tutta la trama.
Se sono pur sempre “relazioni pericolose”, possono essere decisamente divertenti...
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