Iscriviti gratuitamente alla newsletter del Nucleo e del Cineocchio mandando una mail a video@pomodoroeliquirizia.com
Verrai informato sui film in programma, sulle novità e sulle iniziative cinematografiche di Alba e territorio.
In qualsiasi momento sarà possibile rinunciare all'iscrizione con un semplice click.

Film della settimana - 9 marzo

Potiche - La bella statuina di François Ozon



Sinossi
Francia, 1977. Quando Robert Pujol, tirannico proprietario di una fabbrica di ombrelli, è costretto ad allontanarsi dall’azienda e dalla famiglia a causa dei contrasti con i dipendenti, la moglie Suzanne, fino a quel momento considerata una bella statuina, prende le redini della società e le cambia volto: sarà l’inizio di una nuova vita e un nuovo modello di donna.


Potiche - La bella statuina è una commedia che fa ridere – e di questi tempi, con la crisi che ha invaso non solo l’economia ma l’arte tutta, non è poca cosa. È il segnale che si tratta di un film riuscito, che realizza ciò che senza troppa pomposa ambizione si era promesso. Al tempo stesso, il film di Ozon non è solo un gioco di citazionismo cinematografico e neanche un omaggio a Catherine Deneuve, l’ultima star del cinema francese, bensì un’intelligente allegoria della Francia d’oggi, dei suoi personaggi politici e dei suoi vizi e virtù. Nel bene e nel male, verrebbe da dire.

La questione interessante relativa al film è il meccanismo della risata che mette in atto. Il perché, insomma, come pubblico di oggi, anno 2010 (il film è stato presentato in concorso all’ultima Mostra di Venezia), accettiamo di ridere di fronte a un’operazione di vintage estetico. Il film è infatti ambientato negli anni ’70 ed è girato con lo stile del cinema commerciale di allora, con lo split screen, la musica leggera leggera, i colori sgargianti dei costumi e degli arredamenti, le dimensioni imbarazzanti delle acconciature e il comico involontario di primissimi piani, zoom e stacchi stranianti. Tutto assolutamente esilarante ed evidente: si ride per via della cornice kitsch e camp (termine che indica l’universo sgargiante e postmoderno proprio dalla cultura omosessuale), si accettano le battute intelligenti e quelle sceme in nome di un filtro riconoscibile e accettato (quello del vintage, della distanza, della disillusione cinica). La risata, insomma, non è spontanea, nasce dalla paura e dal dubbio che, ingolfati come siamo di stimoli visivi, proviamo di fronte a qualsiasi immagine.

Dall’alto di un’iconografica che è ormai prassi comune (il vintage è ovunque, nella moda, nella tv, nelle canzoni, nel cinema, per l’appunto), François Ozon, regista dichiaratamente omosessuale, esalta la figura della Deneuve, non le chiede nemmeno di recitare ma semplicemente di richiamare su di sé un effetto di riconoscimento, attraverso la sua figura impone un modello di femminilità materna, comprensiva, borghesemente aggressiva che non ha nulla di ironico.

Non è un caso che nel seconda parte del film, una volta conquistato lo spettatore, Ozon cominci a lanciare evidenti riferimenti alla società contemporanea e alle sue storture ideologiche (se di ideologie si può ancora parlare). Il regista prosegue nella sua investigazione sul gentil sesso, affrontando il rapporto che instaura con la politica e il potere e arrivando a parlare di femminismo, crisi economica, rivendicazioni sindacali e famiglia con sane e intelligenti risate e un occhio ben fisso sui personaggi della politica di oggi.

Com’è stato dichiarato i due personaggi principali si ispirano a Nicolas Sarkozy (nei panni del marito isterico e del padrone illiberale della azienda) e a Ségolène Royal (la “bella statuina” Deneuve) ai quali si aggiunge la figura del “postino”, così lo chiamano i francesi, comunista sindacalista, qui nei panni di Depardieu. Benché il film sia spassosissimo, la morale è veramente cupa e nera. Nessuno di questi personaggi si salva, ognuno a suo modo mostruoso e perso, compresa l’imprenditrice politica Deneuve che alla fine può ricordare qualcosa (o qualcuno) di molto contemporaneo: la sua parabola politico-imprenditoriale, in fondo, è quanto meno significativa, visto che il miglioramento delle sorti della sua azienda porta necessariamente a pensare al miglioramento delle sorti del paese. Ricorda niente tutto ciò?

Nessun commento:

Posta un commento