Sinossi
Ricca, bella e depressa, Justine abbandona il marito durante la festa di matrimonio. Nei giorni che seguono, la sorella maggiore Claire cerca di sollevarle il morale, ma una strana congiuntura astrale minaccia l’esistenza della Terra e la paura contagia ogni altro sentimento.
Presentato in concorso all’ultimo festival di Cannes e diventato un caso più politico dopo le dichiarazioni del regista in conferenza stampa (le famose e tristi esternazioni sulla sua comprensione del nazismo), Melancholia è un dramma psicologico e simbolico giocato sull’opposizione tra due personaggi femminili molto intensi, due sorelle, una bionda e una bruna, una depressa e una insicura, una spietata come la natura, una fragile come la grazia, che si prendono entrambe un pezzo di film.
Introdotto da una bellissima sequenza d’animazione in digitale che ne sintetizza il racconto, eliminando qualsiasi forma di pathos o sorpresa, il film è pensato come un dittico, con i suoi due capitoli intimamente connessi che si guardano e riflettono.
Il primo è dedicato a Justine, interpretata da Kirsten Dunst. Si è da poche ore sposata, sembra felice: una candida limousine, lo sposo sorridente, il ricevimento in una elegante villa, tutto sembra coincidere con l’espressione spensierata e felice di Justine, bella e radiosa reginetta sposina. Ma questa non è che la coagulatio il cui punto estremo coincide con la disgregazione totale. L’inizio della fine viene inaugurato dai genitori di Justine nel momento del discorso ufficiale rivolto alla nuova vita della figlia. Il padre, un personaggio piuttosto imbarazzante, si rivolge alla sposa con una sfilza di banalità poco convincenti che innescano la brusca reazione da parte della madre che dichiara ufficialmente il suo disprezzo per il matrimonio e le sue false illusioni. Silenzio nella sala, gli ospiti raggelati e il tentativo di alcuni componenti della famiglia di mantenere la situazione sotto controllo, tutto ciò non può che ricordare il precedente Festen del danese Thomas Vinterberg (amico e collaboratore di Von Trier). Da questo momento tutto precipita, la sposa s’assenta in continuazione, quando vaga tra gli ospiti il suo viso pur nascosto da forzati sorrisi è spento, la sua mente assente. Lo sposo si fa goffo, stucchevole nelle sue prospettive di felicità. Dissolutio. Il matrimonio fallisce il giorno stesso del suo suggello.
La seconda parte del dittico è dedicato alla sorella della sposa, Claire, interpretata da Charlotte Gainsbourg. Nel capitolo precedente era l’organizzatrice del ricevimento, colei che cercava di mantenere ordine, di far sì che la sposa fosse sposa e non vittima della sua propria scelta. Claire era l’espressione della disciplina e della forza. Anche qui inizialmente sembra esserlo, accudisce la sorella caduta in una profondissima depressione. Ma il comparire di una presenza esterna minacciosa, un pianeta errante destinato a distruggere la Terra, le farà perdere qualsiasi stabilità psichica, come se questa mania di ipercontrollo sulla propria vita e quella altrui non fosse altro che un modo di nascondere profonde insicurezze e malesseri. Justine, invece, nella sua malinconica accettazione della morte imminente, saprà andare incontro all’annientamento con dolorosa serenità e accettazione.
Le due sorelle non sono altro che la rappresentazione in estrema sintesi dei caratteri umani, e le due figure sembrano coincidere con la dicotomia a cui giunge Jung nel suo studio sui tipi psicologici, da una parte il tipo estroverso tutto proiettato sulla realtà esterna (Claire) e dall’altra il tipo introverso rivolto invece al proprio mondo interiore (Justine). Insieme, rappresentano l’eterno scontro tra la natura (Justine) e la grazia (la Claire), curiosamente gli stessi poli attorno a cui è costruito The Tree of Life di Terence Malick.
Il pianeta Melancholia, emblema della fine della vita e della speranza, è la costante angosciosa che percorre tutto il film, un tema ricorrente che come in una sinfonia riappare da un movimento all’altro. E qualcosa d’orchestrale c’è davvero, le immagini del pianeta in avvicinamento sono sempre precedute e accompagnate dalle note del preludio del Tristano e Isotta di Wagner, e non si tratta di una musica catastrofica, apocalittica, da fine dei tempi bensì sembra esprimere una malinconica accettazione del susseguirsi degli eventi.
E dopo l’apologo sessista Antichrist, il cinema di Von Trier (tanto provocatorio e stupido nella vita, quanto profondo e sorprendente nei film che gira) compie un passo avanti, non così distruttivo come sembrerebbe: Von Trier: la donna, insomma, è il futuro dell’uomo, ma il futuro della Terra è il suo annichilimento. E poi, forse, la sua rinascita.
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