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Il film della settimana - 25 gennaio


Cirkus Columbia di Danis Tanovic


SinossiBosnia-Erzegovina, 1991. Il regime comunista è caduto e Divko Buntic, dopo aver passato vent’anni in esilio in Germania, torna nel piccolo paese natale per rivendicare la casa di famiglia. Il suo arrivo attira la curiosità dei compaesani, dal momento che l’uomo si presenta con una Mercedes fiammante, una fidanzata giovane e sexy e un pacco di marchi tedeschi. Soprattutto, Divko arriva per rovinare la vita alla moglie Lucija, con la quale non si parla da anni: con l’aiuto del cugino Ivanda, appena nominato sindaco, riesce a sfrattare dalla sua proprietà la donna e il figlio Martin, salvo poi cercare di riallacciare i rapporti. La nuova libertà dopo il regime di Tito porta euforia nel paese, ma la guerra civile è in agguato e nemmeno i soldi di Divko potranno fermarla.


Dopo due film dall’esito poco brillante, il francese Enfer, realizzato a partire da un’idea di Kieslowski, e il britannico Triage, pasticciato racconto di guerra internazionale, il bosniaco Danis Tanovic, la cui opera prima No Man’s Land aveva conquistato nel 2002 l’Oscar al miglior film straniero, è tornato a girare in patria e a parlare delle cose che meglio conosce e capisce: i conflitti etnici della sua terra, le ferite mai rimarginate di scontri tra fratelli cominciati decenni prima della Prima guerra mondiale, dell’invasione nazista, dell’arrivo del comunismo e della guerra civile.

A partire da un romanzo del connazionale Ivika Djicikr, Tanovic racconta i giorni che hanno preceduto lo scoppio della guerra fratricida che ha diviso la mai del tutto unita Jugoslavia: il mondo a cui il protagonista Divko fa ritorno è un limbo di libertà e opportunità che vive della propria fragilità. È già una terra di nessuno, la stessa che Tanovic aveva individuato nel suo film più famoso, un far west dove il più prepotente e il più ricco, dopo anni di vessazioni da altri prepotenti, può fare fortuna sulle spalle degli altri. 

E come sempre in casi come questi, cioè di film politici con una sfondo di dramma familiare, la dimensione privata dei personaggi coinvolge quella pubblica, con la storia individuale che anticipa o riflette le dinamiche della Storia con la maiuscola: nel rapporto tra Divko e la moglie si riflette la lotta disumana fra popoli che ha insanguinato per decenni i Balcani; nel mancato rapporto tra l’uomo e il figlio ventenne il tradimento di una generazione nei confronti di quella successiva; nella relazione tra i giovani Lucija e Martin il segno di una modernità che il vecchio schema della guerra non potrà fermare.

Con la voglia di capire, non di perdonare o attaccare, tipica di questi anni, Tanovic cerca con
Cirkus Columbia di fare i conti con la storia della propria terra, senza cercare responsabili o colpevoli. Gira così un film malinconico e dolente, una storia familiare dalla struttura tradizionale che cerca però di abbracciare con lo sguardo più personaggi possibili, dagli ex comunisti ridotti in miseria ai nuovi ricchi desiderosi di rivalsa, dagli uomini e dalle donne consapevoli dell’esito delle proprie scelte ai fanatici o agli approfittatori incapaci di opporsi alla china degli eventi. Ciò che emerge è un affresco vivo e brulicante di volti e caratteri, una giostra per l’appunto, come suggeriscono il titolo e l’ultima scena del film, su cui è ancora possibile divertirsi, consapevoli però di vivere a stretto contatto con la morte.

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