Oltre le regole - The Messenger
di Oren Moverman
Sinossi
Tornato dall’Iraq il sergente Montgomery riceve un nuovo incarico: insieme con il capitano Stone dovrà annunciare alle famiglie dei caduti la morte dei loro congiunti. Un lavoro terribile, difficile da sopportare, che William cerca di fare con distacco, fino a quando non si innamora di una delle donne a cui ha annunciato la perdita del marito.
Uscito lo scorso aprile dopo quasi un anno di incubazione, nonostante il premio per la migliore regia al Festival di Berlino 2009, Oltre le regole - The Messenger è uno dei bei film americani degli ultimi anni e soprattutto una delle poche opere veramente riuscite sulla guerra in Iraq.
Dopo tanti film inutili o malriusciti (Leoni per agnelli o Nella valle di Elah, per fare l’esempio di due opere oneste ma fuori tempo massimo), la prima regia dello sceneggiatore Oren Moverman (già canditao all’Oscar per Io non sono qui), affronta quel conflitto drammatico e controverso da un punto di vista nuovo. Il film racconta infatti la vita di quei militari che hanno il compito ingrato di comunicare alle famiglie la morte al fronte dei loro congiunti: il tema è di quelli poderosi, che non possono lasciare indifferenti, e se possibile il film, con la sua secchezza espressiva, con la sua capacità di convogliare l’emozione e il dolore sulla scena, spesso ricorrendo a piani fissi e piani sequenza, lo rende ancora più urgente e intollerabile.
Oltre le regole è una fucilata al petto, una sorta di “cura Ludovico” per il cuore, tanto quanto quella di Arancia meccanica lo era per gli occhi e per la morale. Overman costringe il suo spettatore a guardare quello che si non vorrebbe mai vedere, quello che, ad esempio, Steven Spielberg in Salvate il soldato Ryan filmava da lontano, in silenzio e in controluce, con una donna che veniva a sapere della morte in guerra del figlio in e si accasciava al suolo sopraffatta dal dolore. Moverman invece sceglie di restare con i personaggi, con i messaggeri e con le vittime “collaterali”, posizionato alle spalle dei due protagonisti e con la macchina che gli trema fra le. In questo modo, mostra da un punto di vista quasi soggettivo la sofferenza degli altri, le conseguenze di una follia storica sul corpo vivo delle persone coinvolte. La macchina da presa non stacca mai, non interrompe il flusso della scena, ma sceglie di sfidare il livello massimo di tolleranza emotiva, magari per superarlo e così confrontarsi con la vera conseguenza della guerra: il dolore di chi rimane e l’impotenza di chi osserva.
Perché l’impotenza è soprattutto nostra, di noi spettatori che guardiamo il film (o ascoltiamo o leggiamo una notizia di cronaca) e noi abbiamo altro da fare se non guardare, preoccuparci o indignarci, senza però mai soffrire veramente. Oltre le regole, invece, chiede un investimento di responsabilità da parte dello spettatore. Chiede attesa e coraggio. I protagonisti sono i messaggeri, i parenti delle vittime i sofferenti e noi spettatori i testimoni. Se per una volta proveremo dolore autentico a osservare l’intollerabile durata di una scena di cordoglio o di sorpresa, sarà la compensazione per tutte le notizie drammatiche digerite all’ora di cena, o di fronte allo schermo del computer, e immediatamente dimenticate perché lontane da noi.
Per una volta ci toccherà guardare e chiederci perché lo stiamo facendo. Il cinema in fondo serve a questo.
Nessun commento:
Posta un commento